Introduzione (di Corrado Gneo)

Il problema da cui fu preso Francesco Saverio Petagna, fin dalla sua prima attività di sacerdote e di uomo di cultura, fu quello di conoscere e far conoscere, conciliare e amare, Scienza e Fede. In quel suo tempo, che amava proclamarsi “positivista” o “liberale”, il dramma era particolarmente vissuto e sofferto, come, del resto, lo era stato sempre nella storia concreta da quando si è rivelato il Verbo nascondendosi in ogni creatura (san Bonaventura).

Parte da qui l’esigenza di fondare le Religiose dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria con un preciso progetto epico ed educativo, che è quello per cui bevendo “a larghi sorsi dalla fonte perenne” dell’Amore divino del Sacro Cuore, diventassero sempre “maggiormente bramose di concorrere con l’opera loro al bene delle anime per vederne grandemente glorificato Iddio”.

Il principio teologico e quello antropologico da cui scaturisce il progetto educativo e la finalità stessa dell’Opera voluta dal Fondatore è la coscienza che “i nostri prossimi senza distinzione” sono “figli dello stesso Padre nostro che è nei cieli”; i loro cuori sono rosseggianti del medesimo sangue che li ha riscattati (Regole 51). Perciò vuole che le sue Religiose s’impegnino nell’opera dell’educazione delle fanciulle che è “la prima che ha voluto loro affidata” (Regole 52).

Il loro progetto educativo deve avere dell’epico: cioè da una parte dona la promozione antropologica mediante la scienza e la tecnologia, dall’altra completa la sua formazione con l’oblazione e l’adorazione con cui quasi trae il sangue della Vittima e lo comunica alle anime redente: con l’amore ardente apre l’animo della persona alla gioia di conoscere e all’esperienza di essere amata da Dio e dal prossimo. Ciò fa sentire la persona partecipe della natura divina e insostituibile nel compiere le opere di Lui con il proprio dono. In questo progetto acquistano nuovo valore i vari fattori dell’educazione: la comunità educante, gli operatori scolastici, i genitori.

L’educando riprende la sua centralità: ma non come un bizzoso “giovin signore”, bensì come un protagonista che s’impegna con dedizione epica con cui sceglie e realizza o comunque si afferma sempre con la partecipazione critica e responsabile. Sicché l’educando, scoprendo scientificamente le dimensioni della realtà, ne sperimenta valori e limiti; e allora si apre all’esigenza opzionale di superare l’occasionale ed il provvisorio per attingere l’Assoluto con impegno epico e cantando il suo poema di amore che redime, innalza e solidifica.

Le Religiose operatrici di educazione vivranno la loro missione salvifica con la loro consacrazione che esprimeranno nella dimensione contemplativa e s’impegnano nella promozione umana con le certezze scientifiche dell’esperienza e della comunione.