A – VIRTÙ EROICA DELLA FEDE

La Costituzione Dei Verbum afferma: “A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede (Rm 16,26; Rm 1,5; 2Cor 10,5-6) con la quale l’uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente, prestandogli il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da lui” .

E si può dire che l’opera pastorale del Petagna fu presa tutta da questo unico desiderio: catechizzare, dialogare con i fedeli, comunicare l’opera di Cristo Pastore eterno, difendere e diffondere il magistero della Chiesa in unità con il Sommo Pastore. E la sua fede diventò virtù eroica nelle istituzioni (Congregazione per le Missioni, Immacolatisti, Cappelle Serotine, Confraternite, Ritiri, Congregazioni Religiose, ecc.), sia nel magistero (Lettere Pastorali e Santa Visita), sia e soprattutto e sempre nelle opere sino all’esilio, sino alla difesa strenua della verità di fede sul letto di morte.

1. Fonti autobiografiche
Anzitutto lo troviamo sul campo della fede teoretica e pratica da giovane in famiglia, nel Seminario, nell’impegno sacerdotale, nel campo culturale. Nella virtù di uomo, di colto e soprattutto di Pastore “egli seppe coniugare con originalità ed efficacia il ministero della cultura con quello della carità nella fedeltà all’insegnamento del successore di Pietro”.

Emblematicamente, eccolo subito nell’équipe fondatrice della rivista napoletana La scienza e la fede; mentre l’ultimo suo scritto La Scienza Cattolica appare (postuma e incompiuta) nel 1897.

La sua vita roteò impegnata ad attuare un sano e salvifico rapporto tra l’uomo e Dio, tra la scienza e la fede, tra la genialità del cristianesimo e lo spirito dell’Europa. Ci troviamo così di fronte ad un uomo spinto all’eroismo della virtù della fede sia in forza della cultura, sia in forza della sua missione che si fondono storicamente nell’uomo-sacerdote-vescovo-santo Francesco Saverio Petagna.

La sua Istruzione Pastorale del Vescovo di Castellammare ai suoi diocesani, Marsiglia 1864, dopo aver trattato dei problemi della ricerca dell’uomo: la libertà, la religione, il protestantesimo il Papa, passa ad esporre i grandi doni risolutivi offerti da Dio: la fede, la carità, la preghiera.

Il Petagna ricorda ai fedeli che “la fede operante per la carità e la preghiera, sostenuta da grande fiducia e ferma speranza in Dio, sono appunto quelli [valevolissimi mezzi] ai quali dovete […] ardentemente ed incessantemente applicarvi” . Infatti “la fede mette nelle nostre mani una giusta e sicura bilancia, da pesarvi dentro tutte le cose del tempo e misuratele con l’eternità trovarle di niun valore e perciò indegne della nostra stima e dell’amor nostro” .

Per la vita cristiana “la vera fede adunque è più nel cuore che nell’intelletto; oppure è nell’intelletto insieme e nel cuore; nell’intelletto per farlo credere amando, nel cuore per farlo amare credendo; e se il principio ne è la grazia, la forma e l’alimento ne è l’amore [perciò per la vita cristiana] la fede non è l’effetto del convincimento di un freddo raziocinio umano, ma del sacro fuoco dell’amore divino [che] va incontro con vero trasporto alla parola di Dio, all’insegnamento divino, manifestatogli per mezzo della Chiesa” .

“Finché non verrà il gran giorno della eternità […] noi cammineremo sempre fra il buio di tenebrosa notte; e l’accesa lampada della fede dovrà essere la sola guida ai nostri passi vacillanti e incerti per sentieri caliginosi e pieni di precipizi. Laonde dovrà essere la nostra fede non informe ma formata, non morta ma viva, non inerte ma operante. Non dobbiamo contentarci di una fede in teoria, di una fede speculativa e storica […] ma dobbiamo avere una tale convinzione delle verità di nostra santa Religione e siffattamente salda nel cuore da lasciarvi una impressione profonda, capace a dare movimento spirito ed anima a tutto il suo operare. Così la nostra fede sarà pratica, robusta, vigorosa, attiva” .
“Se il torrente odierno di tante false massime e tante iniquità, travolge mi-seramente le anime nel baratro dell’errore e della colpa, teniamoci fermi alla vera dottrina di Gesù Cristo, discendiamone alla pratica, e così potremo dire di vivere veramente vita cristiana” .

Nella Istruzione Pastorale sull’Enciclica e sul Giubileo del 1865 del Ve-scovo di Castellammare ai suoi diocesani, Marsiglia 1865, quasi attonito si do-manda: “che è mai questo rumoreggiare di uomini come i molti flutti del mare fremente e questo crescente rumore che fanno i popoli, come gran piena di acque che minacciano inondare la terra? (Is 17,12ss). Vel dirò io, diletti figliuoli, ed il fatto è di gravissimo rilievo. Per chi è ammalato degli occhi, e perciò appunto si sta contento nell’oscurità della sua stanza, ogni sottile raggio di luce che passando attraverso di piccolo spiraglio penetrasse in quella dimora, è bastevole a farlo mettere in lamenti per l’inferma pupilla che mal soffre la luce. Che se poi quella infermità di sua vista è grave assai ed in quella oscura stanza il chiaro della luce entra a fasci, allora quel misero, non potendo più sostenere i spasmi fierissimi, perché ogni raggio sugli occhi è saetta, dà in ismanie da forsennato, e dimenandosi disperatamente grida, urla, ruggisce come leone ferito da acutissimo strale vibratogli a finirlo […] perché tanto rompere in grida rabbiose e precipitarsi fu-ribondi ad addentare più dell’usato la Chiesa e l’inerme Capo? […] Essendo fabbricatori d’opere tenebrose sono amici della notte e accaniti nemici del sole” . È ovvio il richiamo a Gv 8,45 e Lc 23,34.
Mentre “quale accordo ammirabile, quale armonioso concerto formano precipuamente oggi i vescovi tutti della terra alla voce del Romano Pontefice. Essi furono animati nel giorno della loro consacrazione da novello amore alla verità, senza mai lasciarsi vincere da lodi o da timore ad abbandonarla; né mai con-fondere la luce con le tenebre o le tenebre con la luce; né dire male il bene e bene il male” .

Conclusione di fede pratica: “Perciò Pastori delle anime, possiamo ne’ giorni in cui trionfa l’errore e minaccia d’invadere ogni mente, non tenerci con più zelo stretti al centro della unità cattolica, al nostro Capo al nostro Duca al nostro Maestro di verità, che presala da Dio ce la pone sulle labbra, perché la comunicassimo ai fedeli della porzione del gregge affidatoci, e li confortassimo de’ valevoli mezzi datici da lui a vederla trionfare? Laonde scorgerete chiaro, figliuoli diletti, che se grande è il morbo della odierna cecità, poderoso è il rimedio della pontificale dottrina, e possente ne è l’effetto quando si discende alla pratica applicazione” .
Perciò ricorda, per sé e ai suoi fedeli, Is 28,14-18: “Ecco io pongo ne’ fondamenti di Sion una pietra, pietra eletta, angolare, preziosa, saldissimo fondamento; chi crede non abbia fretta. E farò giudizio a peso e giustizia con misura: e la grandine distruggerà la speranza posta alla menzogna, e la vostra difesa sarà se-polta nelle acque. E sarà cancellato il contratto vostro colla morte, e il vostro patto con l’inferno non reggerà; allorché il flagello verrà qual torrente, seco vi trascinerà” . “Avendo Iddio parlato all’uomo per la rivelazione, debbono la filosofia e la ragione, in tutto quello che è al di sopra di loro, lasciarsi condurre da quella che è fiaccola ai nostri passi e che sola può dare il germano concetto della giustizia e dell’umano diritto” .

La fede e la ragione vanno d’accordo: “Non era forse Pio IX che procla-mava l’accordo della ragione e della fede e la loro origine comune divina, quando diceva che tutte e due derivano dalla stessa sorgente immutabile di verità che è Dio… non riconosceva egli l’anteriorità della ragione sulla fede, quando diceva che l’uso della ragione precede la fede?… Egli condanna solo i sofisti che, sotto nome di scienza, ritengono l’identità del vero e del falso, del sì e del no; e i pretesi filosofi che proclamano l’illimitata sovranità, l’assoluta indipendenza della ragione” .

La fede apre al progresso, alla libertà, alla civiltà: “Voi credete che noi arrossiamo di quelle parole, perché rifiutiamo di accettarle da voi e di prenderle nel vostro linguaggio: no. Il Cristianesimo s’è recato ad onore di chiamarsi il Progresso davanti ai Pagani e ai barbari. S’è chiamato la Libertà, quando ha abolito la schiavitù, rialzata la donna, i fanciulli, i vecchi, i poveri e tutte le debolezze umane calpestate dalla tirannia de’ forti per venti secoli, e poscia lottato contro tutti gli immaginabili dispotismi, difesi a vicenda i popoli contro la tirannia dei principi, e i principi contro l’anarchia de’ popoli. Egli s’è chiamato, si chiama tuttora e, se Dio non ha maledetta l’Europa, si chiamerà sino alla fina la Civiltà europea” .

Il Petagna arriva a vivere e presentare una sintesi matura tra scienza e fede, tra progresso e civiltà europea (universale) nella sua Istruzione Pastorale sulla Vita del Cristiano. A pagina 13 citando il Ventura scrive: “La vera religione, a ben riflettervi, non è in fondo che amore. La fede è l’amore che attende, la contrizione è l’amore che si duole, la preghiera è l’amor che si desidera, la pratica del bene è l’amore che s’immola, la pietà e la divozione è l’amore che si trattiene con famigliarità e con confidenza coll’oggetto amato che è Dio, e tutto il culto cattolico non è che l’ espressione dell’amore di Dio verso dell’uomo, diretta ad eccitare, a mantenere, a cattivare l’amor dell’uomo verso Dio. Perciò il principale effetto della grazia della fede è d’infondere nell’anima una forza segreta, onde la volontà vuole ed ama di credere quello che crede; e dimandando all’intelletto il sacrificio di acconsentire a ciò che esso non intende e supera la sua capacità, l’ottiene; e l’intelletto, sotto il peso di questo amore soprannaturale, si piega e si sottomette ai misteri rivelati con maggior fermezza di quello che se li avesse veduti” .

La conclusione pratica era stata tirata dal Petagna ne La Scienza Cattolica: “Solo la luce di quella fede che ci abbiamo nella Chiesa potrà mettere in armonia l’uomo coll’uomo” . “Ove la fede vien meno, anche la società diviene svigorita e languisce per la mancanza di quell’alimento alla sua vitalità necessario” . “Unicamente gli uomini animati da spirito di vera fede potranno corrispondere fra loro nel consorzio socievole col bel sentimento del vero e così mettersi in tranquilla armonia fra loro” .
“Se i tanti amatori d’una nebulosa filosofia importataci dal freddo nord, attingessero a larghi sorsi, come fecero sempre i Padri della Chiesa, il soave nettare d’una scienza celeste che sgorga a torrenti dalla parola di Dio, quanto si vedrebbero meno sviati i cervelli umani che son lontani dal vero!” .

“Vi scongiuriamo […] figliuoli carissimi, ad animare la vostra fede ora più che mai, stante che ai tanti assalti furibondi che le sono diretti contro da ogni lato, se non è salda e robusta potrebbe affievolirsi, venir meno e quasi estinguersi” . “Voi tutti fratelli esortiamo e preghiamo nel Signore Gesù, perché amiate con tutta la forza Colui che vi ha creati” .

“L’esistenza di Dio è verità scolpita in ogni pagina del gran libro della natura e sul cuore di quanti furono [le] generazioni sulla faccia dell’universo” . Del resto “Gesù Cristo Figliuolo di Dio, Salvatore degli uomini è il perno in cui s’aggirano i destini del genere umano; egli è la parola dell’enigma del mondo” .

“Togliete Gesù Cristo [e] tutto è tenebre; una notte profonda avvolge nelle sue dense ombre l’opera intera della creazione. Le difficoltà si complicano, le contraddizioni si accumulano, le assurdità si ammassano ad un punto che fa fremere il buon senso e sollevar la ragione; l’uomo è un mistero che rivolta, la storia una tragedia che suscita l’indegnazione ed il disgusto, l’universo un caos mostruoso. Rimettete Gesù Cristo nel caos del mondo; è il sole che brilla nello spazio. Con lui tutto è chiaro” .

Nella vita pratica il Petagna esercitò con vero eroismo la fede che insegnava; anzi il suo insegnamento, anche se inizialmente fu apprendimento, nella sua vita di sacerdote e soprattutto di vescovo, fu l’espressione di quanto sentiva e praticava nella vita. La sua fede, infatti, nasceva dalla sua pietà, diventava zelo, lo zelo lo spingeva all’apostolato, l’apostolato lo portava alle istituzioni. Una forma specifica e particolarmente ardente della sua pietà fu la devozione al Sacro Cuore di Gesù: “Innestiamo il nostro a quel Divin Cuore per formarvi come solitarie e gemebonde tortorelle in caro nido continua dimora, e per rifuggirci dalle insidie de’ nemici come in amorosa caverna, giusta le espressioni de’ Cantici. Il nostro divin Salvatore accertò la B. Margherita Alacoque «che gli operai evangelici devoti al suo Cuore, oltre una indefettibil vena di grazie che in loro pro ne deriverebbero, possederebbero una mirabile efficacia a muovere ed ammollire gli animi dei peccatori più nel vizio impetriti, e accompagnerebbe le loro fatiche una riuscita stupenda; che i secolari avranno per questa vita gli aiuti necessari al loro stato, cioè a dire la pace nelle famiglie, il sollievo ne’ loro travagli, le benedizioni del cielo in tutte le loro intraprese, la consolazione nelle loro miserie, e troveranno nel suo cuore un luogo di rifugio singolarmente nell’ora estrema; che da ultimo le persone religiose ne caveranno tanti aiuti che non bisognerebbe più altro mezzo a ristabilire il primiero fervore e la più esatta osservanza nelle meno regolate comunità e per quelle che sono regolatissime, a condurle alla maggior perfezione». A compensare, figliuoli dilettissimi, alcun poco questo Divin Cuore tanto amabile ed amante, ma non amato come dovrebbe esserlo, anzi oltraggiato specialmente nel Divin Sacramento d’Amore, applichiamoci con vivissima fede ad assistere il più che possiamo al gran sacrificio incruento sugli altari, ad immedesimarci spesso con lui colla santa comunione nel Sacramento Eucaristico ben purgati nell’anima, ed a fargli spessissimo visita nascosto nei sacri tabernacoli e pagargli l’ ossequioso tributo di riconoscenza e d’amore. E qui non possiamo resistere al pensiero d’allegare un tratto che farà bene alle anime. Gesù è insiememente in Cielo col Padre suo, ed è sulla terra con noi. O invenzione ammirabile dell’amore! La gloria tutta del Cielo non avrebbe potuto appagare il Cuor di Gesù, se non avesse potuto possederla che a costo di separarsi da noi. O abisso di amore!” .

Nutrì anche devozione al Santissimo Sacramento, a Maria Santissima Im-macolata, a San Giuseppe, alla Sacra Famiglia, a San Michele e ai santi protettori. “Non mancai nel giorno di Pasqua farvi i più lieti auguri col Divino Agnello Im-macolato […] e mi detti a fervidamente pregarlo perché questo fremere tumultuoso del secolo dattorno alla tomba del nostro cuore, in cui ci siam seppelliti con Lui, fosse il bel segnale del nostro spirituale risorgimento, ancora con Lui, a vita più virtuosa e perfetta e divina” .

“Dobbiamo premettere ed animare anche i dipendenti da noi che premettessero ferventissime preghiere, onde lo Spirito Santo unifichi le menti e i cuori di tutti gli uomini, come fece nella Pentecoste, riducendo in uno i linguaggi ed infiammandoli del suo amore divino” . “Noi cui lo Spirito Santo ha posto a governare una elettissima porzione del gregge, che è prezzo del sangue di Gesù Cristo, ordiniamo che in tutte le Chiese e cappelle della nostra città […] non si celebrino altre funzioni che quelle le quali sono puramente religiose, e che hanno un fine puramente religioso, quali sono la celebrazione dei Misteri della nostra Sacrosanta Religione, e le festività della SS. Vergine e dei Santi” . “Con dolore del nostro animo sentiamo che nella Sagrestia e nel Presbiterio della Chiesa sotto il titolo di Gesù e Maria di questa città, nelle processioni e nelle esequie, non si osservano dai Sacerdoti della detta Chiesa i doveri ecclesiastici. Questo per fermo avvilisce la nostra augusta Religione al cospetto del popolo, il quale per ciò poco ne rispetta i ministri ed il Ministero, e poco ne rispetterà i misteri. I disordini del Clero tuttor continuano ad onta delle nostre cure, che fin dal principio del nostro governo abbiamo avute intoglierle. Questo ci ha determinati a richiamare novellamente i detti sacerdoti all’ adempimento de’ loro doveri” . “Come cavarci salvi dalla procella se non afferrandoci all’ancora sicura della Croce?” .

“La preghiera è quella scala misteriosa per cui gli angeli tengono sempre animata la corrispondenza dei cuori tra Dio e l’uomo” . “La preghiera perciò dovrebbe essere costante, fervida, umile, accompagnata da quella de’ Santi e sopra tutto della divina Madre nostra Maria”. “La preghiera è il pane quotidiano di cui debbe sostentarsi lo Spirito della Chiesa e di ogni fedele; è quella respirazione di cui si alimenta ogni giorno la nostra vita dell’anima” .

“Noi siamo figlioli adottivi di Maria, raccomandati a Lei da Gesù sulla croce, e perciò cari al cuore di questa tenera Madre […]. In conseguenza la Madonna ha tale un potere, una saggezza, una pietà, tale una commiserazione, una brama e direi pure un bisogno a farci del bene, da doversi aspettare giustamente da noi la più sincera fiducia, la più sentita corrispondenza, la più tenera ed infocata divozione” . “Abbiate sempre in mente che voi avete nel cielo una mediatrice, una tesoriera, una dispensatrice di tutte le grazie che vi abbisognano sulla terra […]. Potrò io dimenticare che Maria ci fu donata per Madre e noi dobbiamo sempre ricorrere a Lei come amati figliuoli? Volgiamoci dunque sovente a Maria Immacolata nelle grandi afflizioni di oggi; a questa onnipotenza supplichevole, come la chiamano i Santi Padri ed a cui tutte le miserie umane sono debitrici di tante consolazioni, di tanti sollievi, di tante misericordie” .
“L’altro validissimo sostegno nostro, dopo Gesù Cristo, nel presentarci che dobbiamo supplichevoli a Dio, è l’Immacolata Madre Maria […] Ricorriamo fiduciosi a Maria, ed Ella ne infonderà maggior coraggio e ci otterrà dal suo divin Figliuolo il completo trionfo sull’inferno scatenato contro di noi” . “Non du-bitiamo che il particolare patrocinio di Lei per voi […] farà discendere più copiosa la rugiada delle grazie celesti sui vostri cuori” .
“Debbono tutti professare una divozione singolarissima alla Madre di Dio e specialmente sotto il titolo dell’Immacolata Concezione […]. Tutti abbiano Maria concepita senza peccato per loro madre, e l’amino da figli affettuosi; per loro arma e scudo, ed a lei ricorrano in tutte le necessità, e specialmente nelle tentazioni: soprattutto siano tanto gelosi di non darle disgusto, che piuttosto prescelgono di morire” .

[Le vittime] “Meditino le virtù della Vergine a Nazaret, onde assimilarne lo spirito della via interiore […] nutrano gran confidenza e tenera devozione verso la Regina degli Angeli […] Rammentino che il Santo Rosario fu per la Chiesa un’arma potentissima contro gli infedeli ed eretici: se ne valgano dunque, recitandolo spesso […] Procurino di installarne la devozione tra le persone che l’avvicineranno e specialmente […] promulghino una tenera devozione ai Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe” .

“È vero che anche qui mi consacro, quanto posso a formare Gesù Cristo nelle anime, alle quali Egli stesso mi diresse da Roma […]. Vi raccomando d’insinuare molto la devozione al SS.mo Sacramento ed alla Madonna e d’istillare il rispetto e l’amore al Papa Vicario di Cristo” . “Non cessate mai […] di porre ogni argine che potete alla strage delle anime, insinuando segnatamente la fervida preghiera innanzi al SS. Sacramento e la recita del Rosario alla Madonna con gran devozione” .

“Prego incessantemente Gesù Cristo e Maria Immacolata che v’infiammassero sempre più per la gloria di Dio e pel bene delle anime” . “Insieme alla bella compagnia di Maria teniamoci anche strettamente uniti a quella di Giuseppe, con grande e tenera devozione verso di lui” .
“Il bene prodotto dalla santa Missione è stato immenso per misericordia di Dio; molto al di là di quel che potevami augurare in questi malaugurati tempi. Ed anche in queste prime settimane, dopo la Missione, si conserva ancora molto di quel frutto salutare, conservandosi in gran parte il miglioramento morale avvenuto nel popolo. Sopra tutto fu ammirato il tratto di particolare Provvidenza di Dio, a non vedersi alcuno scompiglio o disordine, fra tanto movimento di gente e per le strade, e nelle Chiese in quei santi giorni. Dio benedica sempre quei Sacerdoti, dal superiore fino all’ultimo fra loro, i quali tutti furono indefessi ed instancabili a lavorar con zelo pel bene delle anime” .

Frutto del suo zelo è tutta la sua opera di direzione spirituale, di Fondatore delle “Vittime dei Sacri Cuori”. “Raccolgo tutti gli affetti del cuore e tutti i pensieri dell’animo per trovar modo […] da destare vivezza di fede nei petti dei miei figliuoli […] da dirigere i loro sguardi fiduciosi per ferma speranza alla Misericordia infinita di Dio […] E quale migliore ricovero additarvi che quello voluto da Dio stesso, cioè i Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe?” .
Attento scrutatore dei segni dei tempi e lettore degli eventi umani, scrive: “I tempi che corrono sono una grande lezione per noi ecclesiastici, e ne sono accertato per una coincidenza voluta da Dio al mio arrivo in Marsiglia. Io so che fu scritto al Santo Padre il seguito della rivelazione della Vergine della Salette, immediatamente prima dei sconvolgimenti attuali; e gli fu detto che i tristi giorni prossimamente a succedere erano in espiazione e pruova dei Religiosi e de’ Preti. Se dunque sono espiazione è d’uopo rassegnarsi umilmente; se pruova bisogna raddoppiare il fervore dell’animo nell’amore di Dio e così trarre profitto dall’attuale flagello” .

Segno visibile della sua fede, oltre il suo esilio, è la sua tenace difesa della dottrina della Chiesa, dal volto veramente religioso, e la sua devozione al Papa. “Speriamo che Dio ci faccia conoscere la grandezza della grazia d’esser nati nella cattolica unità e tenere sempre rivolti i sguardi affettuosi ed animati a quel centro, che meglio ci serva in quell’unità e ci stringe a Cristo, cioè al suo Vicario in terra […]. Sino a che saremo militanti la sola arma della preghiera ci sosterrà nella pugna e riusciremo valorosi nella vittoria” . “Iddio vi dia a tutti sempre più grandissimo coraggio per la difesa della Chiesa di Gesù Cristo, grandissimo attaccamento pel suo Vicario in terra Pio IX e grandissimo zelo pel bene delle anime e per la gloria di Dio” .