La fonte più sicura, a cui attingere il pensiero del Petagna circa i rapporti tra scienza e fede, è la Scienza cattolica, opera postuma (1897) rimasta incompleta. Ma c’è pure da ricordare la rivista La scienza e la fede, che il Petagna fondò nel 1841 insieme ad un gruppo di insigni studiosi napoletani. Lo schema dell’opera postuma lascia già intravedere il pensiero del Petagna.
La prima parte presenta la scienza nel cattolicesimo: la fede ha sempre avuto in pregio la scienza: non solo nel passato, ma anche oggi la stima, la diffonde e se ne avvale. La seconda parte affronta il problema del Magistero, il cui modello è la persona e lo stile di Gesù, che gli Apostoli e i loro successori hanno cercato di imitare nel corso dei secoli. La terza parte si snoda sui mezzi di cui dispone la Chiesa nelle varie fasi di ricerca della verità: oltre che dall’intelligenza, il credente è sostenuto dalla preghiera e dalla “purificazione del cuore”. L’Autore procede sempre attraverso dense ed erudite citazioni puntualmente rinviate alle fonti. L’intento apologetico ne è sempre il filo conduttore. L’influsso di Chateaubriand (Le genie du christianisme) è visibile nella convinzione del Petagna che il messaggio cristiano è come un innesto del divino sul tronco robusto dell’umano; anche quando il cristianesimo si oppone ad altri contenuti culturali e vi si distingue, esso reca sempre “qualcosa di genialmente produttivo”. Non c’è uomo di cultura che non riconosca al cristianesimo il merito di essersi innestato nella cultura che lo aveva preceduto nel bacino mediterraneo. E’ stato un travaglio formidabile, che ha impegnato le menti migliori e che ha approdato in quell’interessante periodo che va sotto il nome di medioevo, con le sue costruzioni compattamente cristiane in campo intellettuale, morale, artistico e politico; in quell’epoca in cui la scienza e la fede s’intrecciavano e per lunghi tratti coincidevano e in cui si era attuata un’identificazione tra società europea e società cristiana: Europa, seu Christianitas. Qualcosa doveva essere avvenuto, se non era più possibile fare tale equivalenza. A differenza del Lamennais, del Döllinger, del Gioberti, del Bonomelli e di altri, il Petagna si schiera su un preciso fronte: la ragione è da ricercarsi senz’altro nella decadenza morale, nell’abbandono dell’abbraccio materno della Chiesa, che è un “peccato” iniziato con il Protestantesimo, proseguito con l’Illuminismo, la Rivoluzione francese e il liberalismo. Nel difendere questa tesi, egli condivide i meriti e le esagerazioni della dinamica apologetica del suo tempo. Partendo dal presupposto che “quella religione, che pareva fatta solo per il cielo, (si rivelò) atta a produrre felicità anche sulla terra” il Petagna osserva che “reca stupore il vedere come sia (oggi) manchevole la Chiesa nel fatto ad apportare quegli effetti prodigiosi fra noi” (op. cit, p. 255).
Per Petagna è «prodigioso l’effetto che produce la scienza umana sulla società, quando è diretta dalla scienza divina” (p. 140). Insomma, una scienza in qualche modo suddita della fede! Ma altrove il Petagna vede la fede e la ragione come sorelle gemelle accanto all’uomo. Di Pio IX egli dice: “Non era forse (lui) che proclamava l’accordo della ragione e della fede, e la loro origine comune e divina, quando diceva che tutt’e due derivano dalla stessa sorgente immutabile di verità, che è Dio?… Non riconosceva egli l’anteriorità della ragione sulla fede?» (Istruzione pastorale 1865, p. 63).
La ragione è anteriore: è la luce che accompagna l’uomo, sola, finché non arriva il dono della fede; ma anche dopo non viene esonerata dalle sue prerogative e dal suo compito di insegnare all’uomo, tra l’altro, la distinzione tra bene e male. La fede è posteriore: è un dono che non a tutti è dato; e si pone come stimolo e come proposta che il credente avanza ai suoi compagni di cammino sulla terra. La figura del Petagna, nella soluzione del rapporto tra scienza e fede, ha tutto il fascino di ciò che non è più (e che è stato tanto splendido) e ciò che non è ancora (ed appariva tanto angoscioso). Egli ha la chiara coscienza del punto di rottura d’un equilibrio millenario, quello nel quale la Chiesa inglobava il mondo, ma purtroppo in un momento in cui la Chiesa è in antitesi del mondo; tuttavia intravede anche l’alba di una terza fase: quella in cui la Chiesa si pone come sacramento di salvezza del mondo, della serena collaborazione tra scienza e fede.