Fuoco di Pentecoste – Nei fulgori della grandezza episcopale (di don Adolfo L’Arco) (I parte)

Religiose dei Sacri Cuori di Gesù e Maria

Durante la vita di Sua Eccellenza Mons. Francesco Saverio Petagna, la fotografia era ancora bambina e muoveva i suoi primi passi, perciò le sue poche fotografie sono incerte; noi però possediamo due meravigliose istantanee, eseguite dalla penna di due giovani sacerdoti della sua diocesi di Castellammare di Stabia.

Ammiriamole.

Prima istantanea
Era una sera di febbraio, serena e fredda; ed io, prete da pochi mesi, mi portai dal mio vescovo, tenendo, in saccoccia, un invito per quaresimale lassù, in uno de’ paeselli montani di Avellino, Castelvetere sul Calore. Lo trovai assiso fra una montagna di libri, tutto intento a dar compimento a quella sua opera geniale e dotta La Dottrina Cattolica che non compì. Mi vide… mi sorrise, me gli fe’ sedere accanto; mi domandò: che vuoi? Eccellenza… e tirai fuori l’invito, ho qui, guardi… Guardò, e lesse… Ed io vidi, sulla bella fronte spaziosa, passare come un’aura di paterna compiacenza. Mi alzò gli occhi in viso, radiante, protese la mano vellutata e gentile, me la posò sul capo; e, va, figlio mio, Dio ti benedica, fatti onore, mi disse e mi sorrise. Oh quel sorriso, il sorriso del mio buon vescovo, non lo dimenticherò più. Andai, predicai; Dio benedisse le mie giovani energie: il sorriso del mio buon vescovo e la speranza di rimirarlo mi avevano sostenuto. Ritornai… mi accolse l’istesso sorriso: fu la mia più grande ricompensa. Quel sorriso incoraggiava e faceva migliori.

Seconda istantanea
Ero giovane chierico, quando vidi in un bel dipinto le dolci sembianze di Cristo Gesù, sotto le forme attraenti del Buon Pastore. Mi fermai a contemplarlo: Gesù, l’amabile Gesù, tutto spirante amore e sorriso, seduto in mezzo ad un candido gregge, carezzava le pecorelle, che facevano ressa tra di loro per stringersi sempre più al loro pastore. Ma ciò che maggiormente attrasse il mio sguardo e mi commosse fino al pianto fu una pecorella, che sanguinava da una larga ferita, e boccheggiando presso a morire, dal pastore era tenuta vicino al collo e pareva prender sollievo in quel momento estremo dall’accoglienza del mite padrone: era stata malconciata così dal lupo, che si vedeva fuggire in lontananza sullo sfondo della tela. Sotto il quadro era scritto il motto: ego sum pastor bonus. Mitis sum et humilis corde. Rivolto ad un compagno vicino dissi, e non lo dimenticherò mai: Vorrei scrivere sotto questo quadro: ritratto di mons. Petagna. Questa impressione è rimasta sempre scolpita nella mia mente; ed ora dopo 30 anni dalla sua dipartita il dipinto s’è ripresentato in tutta la sua mistica bellezza alla mia fantasia ed in quella effige mi si è riprodotta alla mente tutta intera la bella figura del vescovo Petagna. Egli fu veramente il buon pastore. E noi lo ricordiamo ancora quando, circondato da uno stuolo di sacerdoti, sempre sorridente, sempre benedicente si aggirava in mezzo al suo gregge. Con intelletto d’amore sulla venerata urna del nostro Servo di Dio fu scolpita la frase lapidaria che gli evangelisti adoperarono per esprimere l’opera di Gesù: Pertransiit benefaciendo.

Il successore del nostro Pastore, Monsignore Vincenzo Maria Sarnelli, è anch’egli degno d’essere elevato agli onori degli altari. Questo santo Vescovo scrisse un opuscoletto come ricordo biografico del suo predecessore. In quel delizioso gioiello Mons. Sarnelli formulò dei giudizi sublimi sul vescovo Petagna. Scrisse tra l’altro: L’umiltà congiunta con la istruzione più profonda e quasi enciclopedica, la cortesia squisita con la più delicata riserva, lo zelo della devozione accordata con la prudenza più illuminata gli guadagnarono gli uomini. L’altro insigne Vescovo, Sua Eccellenza Mons. Michele De Jorio, si mostrò anch’egli devoto del suo santo predecessore e ne celebrò la memoria in questi termini: Vescovo dotto e buono, il consolatore dei poveri, l’Angelo di questa Chiesa stabiese, il gran sacerdote, che nei giorni della sua vita terrena piacque al Signore e fu trovato giusto.

Nell’anno 1875 il sacerdote Andrea di Martino con una splendida sintesi riassumeva l’impresa apostolica del nostro Servo di Dio. È l’uomo della carità cristiana, contento a vivere senza carrozza, senza lusso, senza servi per dispensar tutto ai poverelli. Vero successore degli Apostoli, ispira nel Clero l’istituzione delle opere sante e della beneficenza. Padre degli orfani si priva del necessario, e fidente nella sola carità di Gesù Cristo ne raccoglie più centinaia. Vero uomo di Dio ha installato l’apostolato della preghiera perché la nostra Stabia sia libera dal flagello dell’ira di Dio oltraggiato e ne fruisce i benefici, e gode di sentirsi pertanto benedetto nelle Puglie e negli altri paesi. Vero imitatore del Sommo Sacerdote. A lui ricorrono non come a Vescovo, ma come al Padre, all’amico. Forse la definizione più bella del grande Vescovo la diede il suo fedele segretario Don Catello Gambardella: Monsignor Don Francesco Saverio Petagna d’imperitura memoria, per le sue preclari virtù fu una copia conforme al gran Vescovo di Ginevra, S. Francesco di Sales. Si, proprio così: Il Servo di Dio Francesco Saverio Petagna fu un secondo S. Francesco di Sales.